“SENI E UOVA”:
racconto giapponese sull’umano generare e crescere

“Seni e uova” racconta la storia di una scrittrice giapponese nata povera in una famiglia tutta al femminile. La storia si dipana attorno al corpo, il corpo estetico e riproduttivo delle donne. Lo sguardo narrativo è uno sguardo interno, filtrato dalle sensazioni fisiche.
Il corpo descrive lo stato emotivo e scandisce gli eventi: “Dietro le palpebre chiuse, i colori e le forme affioravano in superficie, si mescolavano in mille ghirigori e sparivano”. (..) “avevo sbarrato gli occhi, al punto da immaginare il sangue che mi si era accumulato nei bulbi oculari schizzare via all’stante”. “un’infinità di corpi che chiacchieravano e scherzavano su argomenti banali, o che discutevano concitati, preoccupati, arrabbiati o delusi. Corpi vivi, corpi pulsanti e in movimento”.
Mikako, la sorella della protagonista, si fissa ossessivamente sull’idea di fare una plastica additiva al seno. La figlia dodicenne di Mikako, Midoriko, ha un blocco psicologico perché non vorrebbe avere il ciclo ed è arrabbiata con la madre, con cui non riesce ad identificarsi. La madre rappresenta un modello femminile sacrificale che non può accettare. Lei stessa ritiene di essere venuta al mondo sottraendole qualcosa, e vive nella rabbia e nei sensi di colpa.
La zia Natsuke, più giovane e più intellettuale della madre, funge da mediatrice di un femminile diverso.
Sembra che attraverso questo materno “trasversale”, offerto dalla zia, Midoriko riesca a muoversi dal blocco e finalmente a parlare con la madre. L’acme di questa trasformazione è rappresentato dal litigio in cui Midoriko, urlando le sue domade alla madre, si colpisce con delle uova in testa: “Mamma, dimmi la verità, per favore! Perché vuoi operarti?.. sei tu che mi hai messa al mondo, io non c’entro! Non è colpa mia se il tuo corpo è cambiato e ci stai male! (…) io ti voglio bene però non voglio diventare come te!”. La madre si fa uguale alla figlia, e anche lei tirandosi uova sulla testa: “Midoriko… la verità.. tutti credono che la verità esista, tutti ne sono sicuri, tutti pensano e sono convinti che ci sia una verità per tutte le cose. E invece non è sempre così, perché a volte la verità non esiste, a volte non c’è nessuna verità..”
Da questa scena parossistica, catartica, si scioglie il nodo dell’incomunicabilità tra madre e figlia e Midoriko – fino a quel momento muta con la madre – riprende a parlarle.
Attorno all’uovo e alla concretezza fisica del concepimento gira simbolicamente la riflessione del romanzo. Ma nel mondo del desiderio femminile si intrecciano i nodi da dipanare.
Più avanti nel racconto è Natsuke, la protagonista, con il suo desiderio di avere un figlio, che appare ossessionata e tormentata dai dubbi. Si confronta con le storie e le possibilità, provando a valutare diversi punti di vista. I figli dell’inseminazione artificiale, i donatori di sperma, le madri colpevolizzate e schiacciate dalle aspettative sul ruolo femminile… genitori e figli con i loro vissuti, i desideri e le rivendicazioni.. ognuno dei diversi lati del complesso caleidoscopico del nascere e del procreare, nell’epoca contemporanea, viene analizzato su una corda emotiva e corporea.
Anche su questo versante è l’idea che non ci sia una verità, non una sola, ma mille piccole sfumature diverse tra le persone e i loro tempi.
Su un piano psicologico ogni personaggio è ritratto con il suo dolore e la sua mancanza, e nelle persone più “evolute” e moderne (come l’amica scrittrice) la maternità è vissuta come scelta, che ruota attorno ad un bisogno narcisistico di corrispondere ad un proprio sé/desiderio idealizzato. Allo stesso tempo non si coglie alcun giudizio nello sguardo narrante, e ogni diversa posizione sulla questione, anche quella più radicale, viene vista all’interno di un percorso individuale che la spiega e la rende coerente.
Nel finale due persone arroccate su posizioni opposte, come quella di essere contro la procreazione assistita, o anche contro la vita, e d’altra parte quella di desiderare oltremodo un figlio da “incontrare e crescere da sola” si avvicinano e danno vita ad un incastro creativo.
Perché queste due polarità, se viste dentro le storie, i corpi, i vissuti personali, diventano sfaccettature di umanità e declinazioni diverse del dolore di esistere.
Le differenze e le conflittualità incarnate nelle individualità diventano incontri di crescita e cambiamento.
La riflessione sul femminile, sulla libertà e sulla verità, naturalmente non fornisce risposte. Fornisce molte occasioni per pensare e ruotare lo sguardo, per vedere che dentro ogni questione ci sono storie, persone e motivazioni e c’è la ricerca di una dimensione umana, quindi insufficiente, dell’esistere.